Gatti neri dal pelo lucido
mi danzano intorno.
Rido della superstizione
E me ne faccio attraversare il cammino.
Li voglio fortemente e mentre
li accarezzo si scostano
e assumono le sembianze di pantere
Sto bene con i miei pensieri felini.
Gatti neri dal pelo lucido
mi danzano intorno.
Rido della superstizione
E me ne faccio attraversare il cammino.
Li voglio fortemente e mentre
li accarezzo si scostano
e assumono le sembianze di pantere
Sto bene con i miei pensieri felini.
Strade sterrate e sentieri tortuosi per arrivare.
Piedi stanchi da trascinare,
calli profondi da estirpare.
Come edere usurpatrici dell’attimo,
pensieri nel bugigattolo.
Giorni grigi e biascicati
mi consumano il futuro
con clessidre dal volto rugoso e duro.
Orologi stirati di Dalì,
nere nubi come fumetti dei miei pensieri
e non solo il venerdì.
De Chirico nei miei incubi su della vita il non senso.
Non trovano fusione nella fissità dell’immenso
gli orologi con lancette in bilico tra passato e futuro.
E le vedete le parole scritte in cielo voi
o accettate l’enigma denso e scuro?
Stiracchiate gli occhi e
strabuzzate le orecchie
per captare l’incaptabile?
Io l’ho fatto per tutta la vita mia,
per questo, forse, ora vorrei l’eutanasia.
Fottitene del mondo pensavo il giorno
che ti ho incontrato,
e cosí mi sono fatta fottere da te…
Dai tuoi dubbi, dalle tue ombre.
Le catene nelle sabbie mobili
sei tu.
La luna bugiarda getta tentacoli lattiginosi
sei tu.
Affanni ripetuti con pochi spiragli
sei tu.
Piaceri mozzati
siamo noi.
Frenate brusche, impennate bastarde
su un asfalto maldestro.
Pensieri reflui, stagnanti.
Assieme a te ho buttato nella discarica
del ghetto ai confini delle due metropoli,
ho buttato troppi giorni biodegradabili
in un sacchetto pieno di buchi.
Ma io avevo la consuetudine carezzevole
del bello o del dannato giocoso.
Mi ripiglio le mie luci,
i miei cieli tersi,
la nettezza del comprendere
e lascio le tue rigide contorsioni
nel dolore.
Sono venuta a riportarti le tue manette,
le tue chiavi putride di ruggine.
Aprimi!
La strada come il teatro.
I piedi che abbozzano passi in vite altrui.
Occhi che scrutano attraverso le maschere.
Durante i passi di danza
si inseguono carezze fugaci
e si regalano sguardi intrisi di empatia,
ricevendo schiaffi che dilagano
in ferite interne.
Cammini che si incrociano e si assaggiano,
ma appartengono a mondi distanti.